Il gaming italiano ripone speranze nella Conferenza Stato/Regioni

Il gaming italiano ripone speranze nella Conferenza Stato/Regioni

La Conferenza Stato Regioni ideata per risolvere i problemi delle regole del gioco lecito, per il momento, non ha ammorbidito i Comuni.

 

La speranza degli operatori del gaming ma anche dei tabaccai, il cui numero si aggira attorno ai 60.000 punti vendita del gaming, di determinare un assetto costante delle regole del comparto è riposta nella Conferenza Stato/Regioni. Il percorso che dovrà seguire la Conferenza è irto di ostacoli perché i nodi da sciogliere sulla regolamentazione non sono pochi e soprattutto le difficili condizioni in cui viene gestito il gaming sono diffuse all’intero territorio della Penisola.

Il Governo cerca la sintonia con le Regioni e i Comuni

Prima di dare luogo a qualsiasi decisione le rappresentanze governative, per sfoltire i temi all’ordine del giorno, hanno provato a raggruppare gli argomenti più importanti come le autorizzazioni ad aprire sale giochi o punti di vendita delle scommesse e lotterie e stabilire entro quali limiti è possibile contenere il dilagare del gaming, ma ha trovato subito l’opposizione dei Comuni che preferiscono applicare proprie direttive. Non è servito nemmeno l’avviso che imporre orari di chiusura o limiti geografici tra luoghi del gioco e altre aree dei luoghi abitati potrebbe condurre ad una valanga di ricorsi al TAR.   I Comuni credono che ognuno debba andare per la sua strada e che le loro decisioni hanno come base la difesa dei loro cittadini alludendo ovviamente al pericolo della ludopatia. La lotta al gioco compulsivo giustificherebbe i loro provvedimenti, e questo si può capire, ma se i provvedimenti comunali non sortiranno effetti di ampio respiro l’intero sistema potrebbe cadere nella trappola del gioco illegale.

La ristrutturazione proposta da Pier Paolo Baretta poteva essere un buon inizio ma non avendo avuto, per ora, alcun effetto pratico torna in causa il Governo che dovrà prendere decisioni definitive. In questo quadro la confusione è aumentata mentre gli investimenti sono drasticamente scesi e nemmeno l’ipotesi di creare “sale dedicate”, alla quale i Concessionari hanno aderito, è vista di buon occhio. Conferenza si, Conferenza no, al Governo resta una sola carta da giocare ed è quella della riduzione delle slot e VLT sul territorio che non può essere avversata perché gli apparecchi sono troppi. Però dimezzando il numero delle macchine da gioco non risolverebbe, del tutto, il problema della ludopatia se, ad esempio, si installassero meno macchine ma più performanti, cioè che accettino una posta più alta e paghino rispettivamente più soldi. A queste condizioni la Conferenza Stato/Regioni sta vivendo una periodo di stallo che impedisce anche la riorganizzazione del mercato nazionale se non arriva la risposta dello Stato. Speriamo che nei pochi mesi che intercorrono fino alla prossima Enada di Roma venga assolta almeno la gara per l’assegnazione delle licenze sulle Scommesse. Le restrizioni imposte al gioco legale nei Comuni che le hanno applicate non sembrano dare risposte positive e ormai anche i piccoli Comuni emanano provvedimenti se non addirittura leggi in netto contrasto con gli indirizzi dello Stato. Se non si trova presto un compromesso, o almeno un modo di dialogare, tra Stato e Comuni a cosa servirà la Conferenza Stato/Regioni?

 

Massimo Ranalli

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