A Rimini chiuse due sale giochi
Il caso che vi descriveremo riguarda la città di Rimini, capitale del turismo e del divertimento dove sono state chiuse due sale giochi.
Il giudice di primo grado ha deciso la controversia, “Il ricorso è inammissibile per non essere state impugnate immediatamente le delibere di giunta comunale del 2017 e 2019 per effetto delle quali è conseguita la chiusura dell’esercizio”. Nella sentenza i giudici di Palazzo Spada infatti evidenziano che il carattere della immediata lesività delle delibere di Giunta non potrebbe venire meno in virtù della decisione di provvedere alla delocalizzazione (poi diventata impossibile) perché i destinatari di tali note hanno assunto il rischio, facendo decorrere i termini per l’impugnazione sul presupposto di dovere perseguire la sola strada della delocalizzazione e quindi di far divenire intangibile la statizzazione in ordine alla chiusura. Non rileva dunque accertare se, come afferma l’appellante, effettivamente soltanto a seguito dell’approvazione dell’ultima variante normativa al RUR, approvata con delibera del Consiglio Comunale n.9 del 25 marzo 2021, sia diventato assolutamente ed oggettivamente impossibile delocalizzare o comunque insediare una sala gioco e/o scommesse nel Comune di Rimini. La parte appellante ben conosceva l’alternativa posta dal Comune di chiudere l’esercizio o di trasferirlo in altra località, con la conseguenza che ove non fosse stato possibile il trasferimento, circostanza da mettere in conto, l’alternativa non poteva essere la chiusura, non essendo stata tale eventualità contestata nei termini dinanzi al giudice amministrativo.
Gli emendamenti versati alla Corte
Dalla documentazione acquisita in atti nel primo grado di giudizio risulta che gli emendamenti, dai quali la società vorrebbe far sorgere l’effetto espulsivo, sono stati oggetto di discussione e, contrariamente a quanto assume parte appellante, non sono stati “presentati all’ultimo momento”, aggiunto che “l’art.68 del regolamento edilizio- urbanistico non ha affatto comportato un effettivo e totale divieto dell’attività di gioco d’azzardo legalizzato”. Come afferma il TAR di Bologna, contrariamente a quanto assume la società, la delocalizzazione è infatti possibile su almeno il 67 per cento del territorio riminese. La storia poi finisce male per l’appellante perché il Tribunale ha sentenziato: “Anche l’ultimo motivo non è suscettibile di positiva valutazione in quanto la restituzione della licenza è conseguenza della chiusura dell’attività, la cui illegittima non è, come si è ampiamente dimostrato, accertabile”.
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