In Emilia Romagna il tar legittima la chiusura di una sala giochi

In Emilia Romagna il tar legittima la chiusura di una sala giochi

La chiusura, legittimata dal tar di Parma, era motivata per la non applicazione del distanziometro.

La sezione del tar di Parma ha rigettato il ricorso presentato da una società concessionaria di sala bingo che contestava l’ordinanza comunale di chiusura definitiva della propria sala giochi. Il provvedimento impugnato contestava l’ordinanza comunale di chiusura secondo la legge regionale n. 5/2023 che impone limiti di distanza tra le sale giochi e i cosiddetti luoghi sensibili come chiese, scuole, impiantii sportivi e centri giovanili. L’illegittimità derivata dell’ordinanza era fondata sull’impugnazione della mappatura comunale e le delibere regionali. Il tar ha respinto questa tesi ritenendo che su questi atti si fosse già formato un giudicato con la precedente sentenza n. 933/2022 dal Consiglio di stato.

La violazione delle disposizioni sulla delocalizzazione.

Secondo la società, l’ordinanza avrebbe dovuto essere preceduta da una riapertura del procedimento per consentire la delocalizzazione sulla base della delibera regionale n. 68/2019, ma il Tar ha precisato che tale possibilità è riconosciuta solo agli operatori che erano in regola con la prima mappatura o che avevano effettuato la delocalizzazione.

La violazione del diritto al contraddittorio procedimentale.

Anche questa doglianza è stata rigettata perché era un atto vincolato. E la comunicazione di avvio del procedimento non aveva l’efficacia viziante dell’art.21-octis della legge n. 241/1990. Poi c’era anche la questione del subentro dopo la fusione societaria per la quale la società ha contestato che l’amministrazione avesse ritenuto assente una comunicazione di subingresso. Il Tar ha dichiarato superfluo esaminare questo profilo, trattandosi di provvedimento fondato autonomamente sulla violazione del distanziometro. In conclusione, il Tar ha riconosciuto la piena legittimità dell’ordinanza comunale di chiusura aggiungendo che la società non ha mai adempiuto agli obblighi di delocalizzazione imposti sin dal 2017. Il caso però ci induce a fare una osservazione che riguarda la nuova mappatura, così poniamo una domanda: “se i comuni riformulano il testo della precedente mappatura, come è spesso avvenuto, cambiando parti essenziali del testo allora non c’è alcuna possibilità per gli operatori di qualsiasi comparto economico di aprire una attività nella massima sicurezza senza correre il rischio di investire in una attività che un bel giorno deve essere delocalizzata o anche del tutto chiusa”. Se si continua ad applicare regole e procedimenti sui quali l’imprenditore non può basare un lavoro a lungo termine, nessun imprenditore sarà disponibile a rischiare i propri soldi. Alla luce di tali vicende   si rende più urgente il “santissimo riordino del gioco” che da anni ormai è atteso soprattutto perché dovrà unificare la legislazione a livello nazionale.

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