Alla faccia delle statistiche della Milton Friedmann

Alla faccia delle statistiche della Milton Friedmann

Leggiamo con piacere da Gian Antonio Stella la vera spesa degli italiani nel gioco con premi in denaro, non tanto perché conferma la critica rivolta nell’edizione di settembre da Mondo Automatico alla statistica pubblicata dalla Milton Friedmann, quanto perché ristabilisce la veridicità dei numeri.

 

Insistiamo sulla necessità per il settore del gioco per soldi di riferire dati e numeri credibili perché fornire notizie non veritiere non favorisce la buona immagine degli operatori del gaming né migliora i già difficili rapporti con le comunità in cui operano.

Ci sentiamo confortati dal rapporto del collega “Stella” che nel preambolo del suo scritto ripercorre la storia italiana del gioco negli ultimi 18 anni, durante i quali l’aumento della spesa per il gioco dei cittadini è esponenzialmente cresciuta fino a raggiungere la cifra di 1.587 euro pro capite  attuali per anno e conclude con il caso della “Nonnina” di Treviso che veniva prelevata giornalmente dalla casa di riposo dai gestori di una ricevitoria fino a consentirle di dissipare 200.000 euro. Poi Gian Antonio Stella si sofferma sulla passione per il gioco degli italiani che definisce malati di “Overdose da gioco d’azzardo” e pone la domanda su come salvarli rilevando che la nostra società è stata presa di sorpresa dalla eccessiva diffusione del gioco non solo delle slot ma soprattutto dal Superenalotto, Gratta e Vinci e Online quindi, descrivendo i fatti concreti, nel paragrafo che segue spiega nel dettaglio:

I Numeri veri dicono tutto, nel 1998 gli italiani giocarono 12,5 miliardi di euro attuali, nel 2016 ben 16.1, con una impennata mostruosa del 668% e ironicamente commenta: “In pratica ogni italiano, dal neonato al centenario in coma, scommette oggi 1.587 euro l’anno. Vale a dire 132 euro al mese, (una cifra ben lontana dai 54 centesimi giornalieri che dichiara la MiIton Friedmann), che all’incirca equivale al costo di una spesa settimanale di generi essenziali per una famiglia media”. Di seguito Stella aggiunge: “Se prendiamo in considerazione solo i contribuenti, meno di 41 milioni di persone, la media sale a 2.357 euro pro capite, pari a 196 euro al mese. Il che significa che, avendo gli italiani dichiarato in media nel 2016 un reddito di 1724 euro al mese, ne buttano in scommesse varie l’11%”.

La parte dei soldi che la filiera del gioco a premio restituisce ai giocatori è una ovvietà – dice Stella- perché altrimenti non giocherebbe nessuno e tuttavia l’ammontare delle perdite è di 19.5 miliardi di cui il 54% va allo Stato.

 

L’Italia il Paese in cui si perdono più soldi in assoluto, colpa della legge

 

L’Italia che non vanta record positivi in altre discipline né nell’incremento dell’economia, né nella ricerca o altre attività di rilevanza sociale, risulta il Paese in cui, giocando, si perde più che negli Stati Uniti, Regno Unito, Spagna, Francia e in Germania dove si registrano perdite appena un terzo di quelle italiane. A questo punto va ricercata la causa di tali ingenti perdite nel gioco in generale e Mondo Automatico crede che sia chiaramente da ricercare nelle leggi che regolano tutti i giochi nel nostro Paese a cominciare dal Superenalotto che, ovunque in Europa, viene estratto su 45 o 49 numeri, mentre in Italia si esercita su 1000. Sembra incredibile che la semplice estrazione di una lotteria possa includere mille numeri, ma è così perché l’estrazione dei numeri vincenti nel Superenalotto si svolge prelevando il primo estratto del classico LOTTO Italiano che prima si esercitava su 10 ruote e 90 numeri cadauna, cioè erano coinvolti 900 numeri nell’estrazione mentre ultimamente le ruote sono salite a 11/12, quindi i numeri sui quali si esercita l’estrazione sono oltre mille. La conseguenza logica è sotto gli occhi di tutti con il montepremi dei 6 numeri vincenti che non viene quasi mai assegnato fino a raggiungere cifre iperboliche pari a 60-70-80 milioni di euro, una cifra che nessuno potrà mai usare lungo la sua vita.

Per brevità focalizziamo il nostro interesse sul sistema di pagamento premi delle slot machines che vengono accusate di rovinare i cittadini. In quanto alle perdite che i giocatori subiscono giocando nelle slot machines, anzitutto dipendono dalla bassa percentuale di restituzione che dall’originale 75% è ormai scesa al 70 per cento e la tendenza resta discendente perché lo Stato impone sempre una maggiore pressione erariale e perché (ma non meno determinante) è l’alto numero del ciclo delle partite da giocare che determina la cosiddetta massima vincita che è di 100 volte la posta. Praticamente puntando 50 centesimi, nel caso un giocatore ottenesse la massima vincita, riceve 50 euro e così via dicendo, con puntate da 1 o 2 euro rispettivamente 100 e 200 euro di premio. Questa sistema di restituzione non consente matematicamente al giocatore, ad esempio una volta che ha perso 100 euro, di recuperare le perdite perché ogni euro introdotto dopo 100 euro di perdita diventa un euro perduto in quanto potrà sperare nella prossima massima vincita solo quando l’apparecchio avrà recuperato la cifra erogata precedentemente.

 

In Germania il gaming costa 20 euro per ora e le vincite possono essere alte

 

In altri Paesi con Governi meno avidi, la legge consente in qualche forma, pur mantenendo il sistema del recupero degli apparecchi, di ottenere vincite meglio distribuite e più ricche. In Germania, ad esempio, l’Associazione dell’Industria del gioco VDAI ha lungamente trattato con le Istituzioni per ridurre l’impatto economico del gioco nelle tasche dei cittadini e al tempo stesso preservando al gioco un buon livello di attrattiva.

Oltre ad altre limitazioni si è quindi deciso quanto doveva costare un’ora di gioco alle slot machines che le parti hanno concordato in un massimo di circa 20 euro per ammortizzare i costi di gestione e garantire un equo guadagno ai gestori e ai proprietari di locali pubblici che ospitano gli apparecchi. Come avviene in qualsiasi altra forma di intrattenimento, per giocare si paga, ma nel settore dei giochi automatici in cui gli apparecchi erogano premi in denaro non poteva essere applicata una tariffa fissa, perciò i premi che l’apparecchio eroga durante l’ora di gioco vengono accreditati su “Punti” e, terminata l’ora di gioco al costo di 20, il giocatore ne può disporre a suo piacimento, cioè li può cambiare in soldi che incassa direttamente oppure, non essendo soldi che ha introdotto nell’apparecchio ma vincite fortunose, può sfidare la sorte e se li gioca tutti o in parte nel Rischio o Alto-Basso.

Questa modalità di gioco non costa al giocatore soldi propri, ma gli offre l’opportunità di conseguire vincite che, a seconda della somma virtuale giocata, può ammontare anche a qualche migliaio di Euro. Giocare ad alto rischio non deve necessariamente costare al giocatore una fortuna se la legge è ben concepita, a patto che il Governo si accontenti di una equa tassazione.

Solo così si potrà salvare Capra e Cavolo, altrimenti il gaming italiano dovrà sempre scontrarsi con le proteste dei cittadini e delle Istituzioni locali costrette a sopportare i costi indotti dall’abuso di gioco nella vana speranza di recuperare i soldi perduti.

 

Massimo Ranalli

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